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La Nord del Pizzo d’Uccello

L’estate avanza, le giornate sono lunghe e calde, quale periodo migliore per affrontare una parete Nord?

Nel cassetto delle vie classiche da fare almeno una volta nella vita c’è la via probabilmente più famosa delle Alpi Apuane, la Oppio-Colnaghi sulla parete Nord del Pizzo d’Uccello.

Come sempre insieme al fidato Paolo, partiamo una sera e andiamo a dormire dove inizia il sentiero per raggiungere l’attacco della via e, dopo una notte non troppo lunga, raggiungiamo la parete.

La Nord vista dall’inizio della ferrata.

La via è molto lunga, se la si arrampica tutta a tiri se ne contano 19 totali, ma ha anche lunghi tratti che possono essere percorsi in conserva con le giuste precauzioni (se si esce anche poco dalla linea classica, la parete può diventare moooolto instabile!)

Le difficoltà non sono mai elevate, ma i tiri di V+ classico non sono mai da sottovalutare e le protezioni scarseggiano! Oltretutto non è sempre facile integrare.

Una delle caratteristiche che ha reso famosa questa via sono le due scritte “comuniste” che si incontrano in due delle soste, più o meno a metà parete: chissà chi si sarà preso la briga negli anni di andarle a piazzare proprio lì!

Lotta Continua…

Potere alle masse…

Nel complesso la via si svolge prevalentemente dentro camini o pseudo tali, come ovvio considerando l’anno in cui fu salita la prima volta da Oppio e Colnaghi, il 1940!

Paolo in uscita da uno dei camini

Quando arriviamo in cima siamo soddisfatti e… accaldati! Ebbene sì, come intuibile, vista la zona e la relativa bassa quota (la vetta del Pizzo d’Uccello è a 1781 mslm), è una Nord che non lascia un ricordo da Nord Alpina, infatti l’abbiamo scalata tutta in maglietta e, le poche volte che il sole ci colpiva di traverso, ci riparavamo subito all’ombra alla ricerca di refrigerio!

In Vetta!

La via è sicuramente meritevole, sia per il valore storico che rappresenta, sia per la bellezza dei panorami e per la solitudine con la quale la si scala!

Spedizione al Monte Ararat

CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE Uget Torino-Scuola di alpinismo “A. Grosso”

Spedizione al Monte Ararat 5165 m

Partenza il 27 maggio ritorno il 6 giugno 2011

Componenti: Bosso Luciano INA, Lano Silvana, Amparore Mauro

La Turchia paese splendido ricco di fascino tra l’occidentale e l’orientale confina con molte nazioni: Iraq,Iran,Armenia,Grecia,Siria e tutte queste nazioni hanno dato alla Turchia una differente cultura sia per religione che per la storia delle invasioni. Se ci soffermiamo sulla storia di questa nazione scopriamo come molte religioni abbiano mutato le civiltà.
Presi da questo fascino abbiamo deciso raggiungere questo angolo di mondo dove risiede la leggenda dell’arca di Noè : Il Monte Ararat chiamato in lingua locale Agri Dagi m. 5165.
Per raggiungere questa vetta decidiamo di includere altre due montagne minori come preparazione alla quota e come allenamento: Nemruth m. 3050 e il Supthan m. 4050.
Queste due montagne nel mese di maggio si presentano nevose mentre successivamente si trasformano in pietraie di origine vulcanica.
Raggiunto Istanbul che dopo 20 anni dalla nostra prima visita è diventata una città moderna proseguiamo per Van capitale della zona Curda. Questa zona alcuni anni orsono era chiusa agli stranieri per rischio terrorismo oggi si presenta pacifica ed accogliente. Purtroppo il Meteo ci rovina la vacanza e da subito ci accorgiamo che le condizioni del tempo sono instabili, nuvole nere coprono il lago di Van. La città di Van si trova sulla costa orientale dell’omonimo lago e il suo nome in antico è Tooshpa. Da questa città si può visitare l’isola di Akmadar dove si trova la 10à chiesa di Santa Croce costruita dall’architetto monaco Manuel tra il 915 e 921 DC.

Raggiungiamo in pulmino la città di Tatvan base di partenza per il  monte Nemruth m. 3050, e con qualche passaggio un po’ rocambolesco su strada parecchio dissestata dall’erosione dovuto allo scioglimento delle nevi, raggiungiamo la caldera larga 8 km e la percorriamo fino alla quota 2200 da dove ha inizio la salita: l’ascesa è molto breve e dopo 2 ore di cammino raggiungiamo la vetta del cratere da dove si può ammirare il lago che si è formato al suo interno e tra qualche nube il panorama circostante; in lontananza ad est si vede il Supthan, nostra prossima tappa ancora parecchio innevato.

Alla seraci portiamo ad Adicevaz sul Van Lake dove ci  prepariamo per la salita al monte Supthan 4050 m; i nostri accompagnatori di comunicano che  contrariamente a quanto previsto il pulmino si ferma a 2000 m in quanto la molta neve sta bloccando le strade di avvicinamento. Sveglia alle 4 del mattino con forti temporali nella notte che continueranno fino a tarda mattinata.
Il meteo è inclemente da quando abbiamo lasciato l’Italia non abbiamo ancora visto il sole.
A malincuore, tra grandine, tuoni e fulmini rinunciamo alla salita al Supthan e per rispettare la tabella di marcia ci dirigiamo verso Dogubeyazit, città base, in piena zona curda posta vicino al confine iraniano, per la salita al monte Ararat;  dopo circa 3 ore, dopo avere percorso una strada di montagna stupenda e varcato il Passo Tendurek Gecidi a 2650 m tra immense colate di lava solidificata, intravediamo tra le nuvole la nostra meta: il monte  Ararat. Dopo aver visitato la città, abbastanza scarsa di turisti ma data la vicinanza con l’Iran piena di caserme e militari, per tenerci in allenamento decidiamo di fare una rapida “sgambata” salendo al palazzo  Ishak Pasha Palace ricco di storia per i molti transiti verso l’Iran costruito con pietre di argilla rossa.

Alla mattina successiva finalmente si parte per la salita al Monte Ararat:  il tempo sembra migliorare, siamo in contatto con l’Italia per conoscere le variazioni meteo. La partenza dal nostro Hotel avviene con pulmino 4×4 che per una strada sterrata piuttosto sconnessa ci porterà alla partenza del sentiero per il campo 1 dove ci aspettano i cavalli per il trasporto bagagli e tende; partiamo di buon passo e scopriamo che  causa neve, il campo 1 viene posto a quota 2600 (anziché 3000 come previsto originariamente) dopo sole 2 ore di marcia.
Dal campo 1 possiamo osservare il Monte Ararat in una splendida giornata senza nuvole; le tende vengono poste in una radura molto verde dove i cavalli possono brucare ottima erba.

Il giorno successivo partiamo per il campo 2 piazzato purtroppo solamente a quota 3200 al limite delle nevi oltre il quale i cavalli non possono salire; la giornata è spettacolare e davanti a noi si erge il monte Ararat 5165 m; osserviamo le tracce di salita degli svizzeri che ci precedono: la salita è un colpo di fucile diretta alla vetta; unico neo i 1800 metri di dislivello anziché i 1200 preventivati!; giornata di acclimatamento, cena alle 17:00 e via a dormire o almeno tentare di riposare un po’.
Il giorno (o meglio la notte) successivo sveglia a mezzanotte, anche se i nostri cuochi e accompagnatori curdi spadellano e chiacchierano da almeno un’ora; colazione  e preparazione per la salita; la salita non presenta difficoltà tecniche ma richiede  allenamento alla quota, la notte è splendida ma in lontananza si vedono alcuni segni di umidità, sappiamo che nel pomeriggio sono previsti temporali, partiamo Io,Silvana,Mauro e due ragazzi pseudo-Guide che sono obbligatori per la salita. Alle 4 del mattino siamo a quota 4000, dove normalmente si piazza il campo 2 estivo, senza faticare; oltre le tracce

sono evidenti ma le grandinate dei giorni precedenti hanno creato delle croste ghiacciate che ci obbligano all’uso dei ramponi. La crosta non è molto spessa e molte volte ci obbliga a battere pista con enorme fatica. Dopo alcune ore inizia a cambiare il tempo e forti raffiche di vento cominciano a creare problemi per la salita , alle ore 7 del mattino la vetta è coperta dalla bufera e giunti a quota 4960 ormai già sul limitare della calotta e in vista della cima siamo costretti a fermarci. I nostri pensieri vanno al Team del Cai di Savigliano che in questo punto hanno vissuto un dramma terribile. Ci consultiamo rapidamente, ma osserviamo che una delle Guide locali è poco attrezzata, ha parecchio freddo e si stà infilando un ulteriore paio di calzettoni;  la zona sommitale priva di indicazioni nella bufera è poco visibile; viste le pessime condizioni decidiamo di rientrare al campo 2. La discesa è rapida e a pendenza costante: arrivati al campo 2 si scatena una tormenta impossibile; i cavalli sono nervosi e dopo un consulto con le guide curde si decide di smontare le tende e ripiegare con urgenza a valle. Scendiamo fino a  quota 2000 dove ci ha raggiunto il pulmino che ci riporterà a Dogubeyazit proprio mentre si scatena un violento temporale che continuerà per tutta la notte con forti grandinate. Il materiale fornito localmente non è del genere più adeguato a resistere a questo tipo di tormenta. Con profondo rammarico decidiamo di rientrare in Hotel.

Nei giorni successivi la montagna è stata colpita da violenti nevicate e grandinate che ci hanno obbligato a desistere a tentativi vari. I giorni rimasti li abbiamo dedicati allo studio dei ritrovati dei vari studiosi sulla Arca di Noè, e alle visite dei vari Santuari Ortodossi posti sul lago di VAN. Al nostro rientro dalla Turchia possiamo rivisitare Istanbul con le sue splendide Mosche e con il Gran Bazar veramente interessante.

Il viaggio è stato comunque interessante ma poiché la vetta non è stata raggiunta stiamo valutando di organizzare una prossima spedizione con gli amici del CAI.

Organizzazione di appoggio: Ceven Travel –  Necessario permesso per la salita al Monte Ararat (obbligatorio l’impiego di guide locali)