Racconto di Alejandro Pedroso
Parte un messaggio WhatsApp durante una pausa caffè martedì 3 giugno: “Ame, ti giro queste cose perché voglio soffrire o perché è un importante promemoria di una cosa discussa più volte in passato”; la risposta non si fa attendere: “Quando andiamo?”, bene, allora ci siamo!
Il messaggio conteneva delle immagini prese da un noto sito web su una recente salita della parete nord del Gran Paradiso. Come dicevo, ne avevamo parlato diverse volte, anche con altri istruttori della scuola, ma non si era mai trovata la quadra giusta, e come ben sappiamo, dovuto al cambiamento climatico insieme al rinnovato interesse per le montagne, sta diventando sempre più difficile trovare le condizioni giuste, non solo a livello di ambiente, ma anche a livello di affollamento.
Il caso vuole che proprio quel giorno io mi ritrovi a cena con alcuni amici sempre del giro del CAI, e c’è anche Fra che chiede se qualcuno fa qualcosa la settimana successiva perché lui è in ferie; gli dico “con Ame stiamo pensando alla Nord del GranPa, ti interessa?”; la risposta è scontata, scrivo ad Ame che si trova in palestra, coinvolge velocemente Albi; perfetto 2 cordate ce le abbiamo! Senza aver finito di cenare chiamo subito il rifugio per capirne la disponibilità; posto c’è! Prenoto! Non resta che tenere d’occhio il meteo ed incrociare le dita.
Ai tempi d’internet le informazioni corrono veloci e nel giro di pochi giorni 2 “contatti” la salgono, riferiscono condizioni ottime, il meteo continua a promettere bene per noi. Dai che ci siamo!
Martedì 10 giugno ci troviamo da Ame, pranziamo e partiamo alla volta della bellissima e selvaggia Valsavarenche nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Arriviamo al parcheggio accanto al torrente a circa 1830mslm e partiamo per il Rifugio Chabod (2710mslm) poco dopo le 16:30 e in due ore scarse siamo su, facendo gli 880m di dislivello, giusto in tempo per registrarci e dare le nostre preferenze per la cena.
Mentre saliamo ci fermiamo a bere un goccio d’acqua nella fontana di Lavassey, poi guardiamo il panorama e osserviamo con attenzione la cascata “Antares”, un classico della stagione invernale e del Corso di Ghiaccio. Ad un certo punto si scorge il Gran Paradiso e la via che saliremo il giorno dopo. La parete che, per essere precisi, ha un’esposizione Nord-Ovest, splende al sole a quest’ora e una leggera brezza fresca ci scorre intorno mentre guardiamo meravigliati lo spettacolo che abbiamo davanti. Ci guardiamo in faccia e commentiamo quanto sembri lunga e ripida, anche se si sa in montagna spesso veniamo ingannati dalle prospettive.
Sveglia alle 2:30, siamo andati a letto prestissimo e abbiamo dormito bene, facciamo colazione, ci prepariamo e partiamo tra una cosa e l’altra alle 3:15. Secondo il gestore del rifugio dovremmo essere una quindicina in parete oggi, 5 o 6 cordate. Siamo i primi a partire, poco dopo di noi una cordata di tre ragazze francesi (della Gendarmerie, a detta del rifugista). Ci mettiamo in cammino sulla traccia che parte dietro il locale invernale, pochi minuti e stiamo pestando neve ben rigelata, soffia vento, non forte ma più del previsto, ci fa capolino una luna piena ormai bassa attraversata da un paio di nuvole allungate, che comunque ci dona un po’ di luce in più, il cielo stellato è magnifico. Affrontiamo la morena sulla dorsale detritica, stiamo salendo a buon ritmo. Troviamo a un certo punto una traccia alta e una traccia bassa, ignoriamo l’alta, la prendiamo larga e proseguiamo lungo la normale per poi puntare decisamente a sinistra verso alcuni seracchi e risalire una rampa accanto a un piccolo scarico da valanga. A quel punto vediamo le ragazze francesi che probabilmente seguendo la traccia alta hanno recuperato un po’ di terreno. Io devo aggiustare un rampone, e nel frattempo ci raggiungono, saranno passate circa due ore e mezza dalla partenza; siamo lì circa un’ora prima di quanto ci è stato detto in rifugio. Risaliamo un po’ tutti insieme il pendio che porta alla terminale, e, siccome siamo dei cavalieri, lasciamo le ragazze attraversare per prime; poi Amedeo ed Alberto ed infine Francesco ed io. Il crepaccio è abbastanza chiuso, avrà un’apertura di una spanna e la neve intorno è solida, il vento soffia ancora anche se più a folate.
La salita si fa pian piano più ripida, la neve è portante e abbastanza gradinata, in buona parte grazie alle cordate che abbiamo davanti; Amedeo ha sorpassato le francesi e sta battendo traccia, a momenti la quota si inizia a far sentire, ma la salita è abbastanza agevole. Ad un certo punto arriviamo a un punto un po’ ghiacciato dove traversiamo a sinistra con colpi decisi di piccozza mentre ci avviciniamo alla fascia rocciosa sulla nostra sinistra.
Continuiamo a salire mentre le cordate che ci precedono rallentano perché sono arrivate a 8 o 10 metri di ghiaccio affiorante. Amedeo prosegue più lentamente ma con passo deciso, pianta 3 viti che lascia gentilmente per le ragazze e per noi. Nel frattempo noi attendiamo mentre dall’alto un po’ di ghiaccio ci cade in testa mentre cerchiamo di spostarci un po’ dalla verticale, ma non c’è molto da fare. Il ghiaccio risulta crostoso e spaccoso in superficie con ghiaccio più duro sotto, tecnicamente non è difficile, solo un po’ delicato, procediamo tutti quanti in conserva, a me l’onere di recuperare il materiale. Ancora pochi metri e i primi raggi di luce iniziano a colpirci, qualche metro in più e siamo in cresta, e che cresta magnifica! Siamo fuori dalla Nord!
Ci avviamo verso destra, piegando in direzione Sud-Ovest, lungo l’estetica e affilata cresta di neve, che verso la fine inizia a far vedere qualche roccia. Tocchiamo il punto più alto del Gran Paradiso a 4061mslm, l’unica vetta sopra i 4000 totalmente in territorio italiano. Facciamo la calatina verso l’intaglio e risaliamo il salto roccioso fino alla Madonnina che è il punto di riferimento classico per questa montagna, anche se in realtà si trova qualche metro più in basso della cima “vera”. La mia personale opinione è che la soddisfazione è la stessa e non ci disturbiamo con i cacciatori di cifre. Sono circa le 8:00 e noi sorridiamo accanto alla statuina, il vento si è placcato, il sole splende, il cielo è azzurrissimo, non si può chiedere di meglio!
Battiamo un cinque, ci idratiamo bene, mangiamo qualche barretta e intorno alle 9:00 giù per la via normale che ci riporterà allo Chabod, dove arriveremo intorno alle 11:00 per prenderci una meritata fetta di torta, per poi proseguire giù verso la macchina. Dopo più di 2200m di dislivello negativo ci rinfreschiamo un po’ nel torrente e ce ne torniamo a casa più che soddisfatti!