Rebuffat + Tacul

Penultima uscita del Corso di Alpinismo 2011.

E’ la penultima uscita del corso di alpinismo e il meteo e’ ottimo … Michele ed io eravamo dell’opinione che una simile congiuntura andasse sfruttata per bene. Avrebbe dovuto essere una uscita su ghiacciao in quota: un primo giorno di avvicinamento ed il secondo per la salita: quello che non ci attraeva era propio il primo giorno da utilizzarsi solo per avvicinarci alla meta. Cosi’ si elaboro’ la proposta: il primo giorno partiremo presto alla volta della funvia che porta all’Aiguille du Midi, faremo una via di roccia e il giorno seguente faremo la salita su ghiacciaio. Per la roccia la scelta cadde sulla via Rebuffat: stupenda via sulla Sud dell’A. du Midi, 3.850m, difficolta’ dichiarata 6a, 200m di dislivello. Al rifugio dei Cosmiques c’e’ sempre troppo affollamento: la notte la passeremo in tenda e il giorno dopo punteremo al Mont Blanc du Tacul 4.248m per la via normale.
La Rebuffat si dimostro’ molto bella, lunga (l’andamento e’ un po sghembo) e non banale (come spesso mi e’ capitato su itinerari del mitico Gaston Rebuffat): i tiri di corda si susseguono e la difficolta’ non scende quasi mai sotto il 6a. Verso la fine siamo tutti un po stanchini pero’ la bellezza dell’ambiente e’ ampiamente all’altezza delle fatiche. Scesi in doppia e giunti alla tenda i più si addormentano ma i fornellini funzionano male …. niente di caldo e quindi anche pochi liquidi ingeriti. La notte e’ freddina e al mattino c’e’ chi ha mal di stomaco, chi male ai piedi, chi non ha dormito … comunque verso le 5 riusciamo ad incamminarci verso il Tacul. Il percorso e’ molto scenografico e si aggirano diversi seracchi (dal basso sembravano meno minacciosi … ma fortunatamente non si muove nulla). Un tiro di misto adduce alla vetta, completando cosi’ la salita. Unico neo del weekend e’ la coda trovata in funivia per scendere, la coda per il tunnel del monte bianco (cambio turno pompieri) e la coda in autostrada (lavori in corso …) insomma dalla funivia (alle 14) arrivo a casa (a Genova) all’una di notte … ma non si può chiedere troppo!

Spedizione al Monte Ararat

CLUB ALPINO ITALIANO SEZIONE Uget Torino-Scuola di alpinismo “A. Grosso”

Spedizione al Monte Ararat 5165 m

Partenza il 27 maggio ritorno il 6 giugno 2011

Componenti: Bosso Luciano INA, Lano Silvana, Amparore Mauro

La Turchia paese splendido ricco di fascino tra l’occidentale e l’orientale confina con molte nazioni: Iraq,Iran,Armenia,Grecia,Siria e tutte queste nazioni hanno dato alla Turchia una differente cultura sia per religione che per la storia delle invasioni. Se ci soffermiamo sulla storia di questa nazione scopriamo come molte religioni abbiano mutato le civiltà.
Presi da questo fascino abbiamo deciso raggiungere questo angolo di mondo dove risiede la leggenda dell’arca di Noè : Il Monte Ararat chiamato in lingua locale Agri Dagi m. 5165.
Per raggiungere questa vetta decidiamo di includere altre due montagne minori come preparazione alla quota e come allenamento: Nemruth m. 3050 e il Supthan m. 4050.
Queste due montagne nel mese di maggio si presentano nevose mentre successivamente si trasformano in pietraie di origine vulcanica.
Raggiunto Istanbul che dopo 20 anni dalla nostra prima visita è diventata una città moderna proseguiamo per Van capitale della zona Curda. Questa zona alcuni anni orsono era chiusa agli stranieri per rischio terrorismo oggi si presenta pacifica ed accogliente. Purtroppo il Meteo ci rovina la vacanza e da subito ci accorgiamo che le condizioni del tempo sono instabili, nuvole nere coprono il lago di Van. La città di Van si trova sulla costa orientale dell’omonimo lago e il suo nome in antico è Tooshpa. Da questa città si può visitare l’isola di Akmadar dove si trova la 10à chiesa di Santa Croce costruita dall’architetto monaco Manuel tra il 915 e 921 DC.

Raggiungiamo in pulmino la città di Tatvan base di partenza per il  monte Nemruth m. 3050, e con qualche passaggio un po’ rocambolesco su strada parecchio dissestata dall’erosione dovuto allo scioglimento delle nevi, raggiungiamo la caldera larga 8 km e la percorriamo fino alla quota 2200 da dove ha inizio la salita: l’ascesa è molto breve e dopo 2 ore di cammino raggiungiamo la vetta del cratere da dove si può ammirare il lago che si è formato al suo interno e tra qualche nube il panorama circostante; in lontananza ad est si vede il Supthan, nostra prossima tappa ancora parecchio innevato.

Alla seraci portiamo ad Adicevaz sul Van Lake dove ci  prepariamo per la salita al monte Supthan 4050 m; i nostri accompagnatori di comunicano che  contrariamente a quanto previsto il pulmino si ferma a 2000 m in quanto la molta neve sta bloccando le strade di avvicinamento. Sveglia alle 4 del mattino con forti temporali nella notte che continueranno fino a tarda mattinata.
Il meteo è inclemente da quando abbiamo lasciato l’Italia non abbiamo ancora visto il sole.
A malincuore, tra grandine, tuoni e fulmini rinunciamo alla salita al Supthan e per rispettare la tabella di marcia ci dirigiamo verso Dogubeyazit, città base, in piena zona curda posta vicino al confine iraniano, per la salita al monte Ararat;  dopo circa 3 ore, dopo avere percorso una strada di montagna stupenda e varcato il Passo Tendurek Gecidi a 2650 m tra immense colate di lava solidificata, intravediamo tra le nuvole la nostra meta: il monte  Ararat. Dopo aver visitato la città, abbastanza scarsa di turisti ma data la vicinanza con l’Iran piena di caserme e militari, per tenerci in allenamento decidiamo di fare una rapida “sgambata” salendo al palazzo  Ishak Pasha Palace ricco di storia per i molti transiti verso l’Iran costruito con pietre di argilla rossa.

Alla mattina successiva finalmente si parte per la salita al Monte Ararat:  il tempo sembra migliorare, siamo in contatto con l’Italia per conoscere le variazioni meteo. La partenza dal nostro Hotel avviene con pulmino 4×4 che per una strada sterrata piuttosto sconnessa ci porterà alla partenza del sentiero per il campo 1 dove ci aspettano i cavalli per il trasporto bagagli e tende; partiamo di buon passo e scopriamo che  causa neve, il campo 1 viene posto a quota 2600 (anziché 3000 come previsto originariamente) dopo sole 2 ore di marcia.
Dal campo 1 possiamo osservare il Monte Ararat in una splendida giornata senza nuvole; le tende vengono poste in una radura molto verde dove i cavalli possono brucare ottima erba.

Il giorno successivo partiamo per il campo 2 piazzato purtroppo solamente a quota 3200 al limite delle nevi oltre il quale i cavalli non possono salire; la giornata è spettacolare e davanti a noi si erge il monte Ararat 5165 m; osserviamo le tracce di salita degli svizzeri che ci precedono: la salita è un colpo di fucile diretta alla vetta; unico neo i 1800 metri di dislivello anziché i 1200 preventivati!; giornata di acclimatamento, cena alle 17:00 e via a dormire o almeno tentare di riposare un po’.
Il giorno (o meglio la notte) successivo sveglia a mezzanotte, anche se i nostri cuochi e accompagnatori curdi spadellano e chiacchierano da almeno un’ora; colazione  e preparazione per la salita; la salita non presenta difficoltà tecniche ma richiede  allenamento alla quota, la notte è splendida ma in lontananza si vedono alcuni segni di umidità, sappiamo che nel pomeriggio sono previsti temporali, partiamo Io,Silvana,Mauro e due ragazzi pseudo-Guide che sono obbligatori per la salita. Alle 4 del mattino siamo a quota 4000, dove normalmente si piazza il campo 2 estivo, senza faticare; oltre le tracce

sono evidenti ma le grandinate dei giorni precedenti hanno creato delle croste ghiacciate che ci obbligano all’uso dei ramponi. La crosta non è molto spessa e molte volte ci obbliga a battere pista con enorme fatica. Dopo alcune ore inizia a cambiare il tempo e forti raffiche di vento cominciano a creare problemi per la salita , alle ore 7 del mattino la vetta è coperta dalla bufera e giunti a quota 4960 ormai già sul limitare della calotta e in vista della cima siamo costretti a fermarci. I nostri pensieri vanno al Team del Cai di Savigliano che in questo punto hanno vissuto un dramma terribile. Ci consultiamo rapidamente, ma osserviamo che una delle Guide locali è poco attrezzata, ha parecchio freddo e si stà infilando un ulteriore paio di calzettoni;  la zona sommitale priva di indicazioni nella bufera è poco visibile; viste le pessime condizioni decidiamo di rientrare al campo 2. La discesa è rapida e a pendenza costante: arrivati al campo 2 si scatena una tormenta impossibile; i cavalli sono nervosi e dopo un consulto con le guide curde si decide di smontare le tende e ripiegare con urgenza a valle. Scendiamo fino a  quota 2000 dove ci ha raggiunto il pulmino che ci riporterà a Dogubeyazit proprio mentre si scatena un violento temporale che continuerà per tutta la notte con forti grandinate. Il materiale fornito localmente non è del genere più adeguato a resistere a questo tipo di tormenta. Con profondo rammarico decidiamo di rientrare in Hotel.

Nei giorni successivi la montagna è stata colpita da violenti nevicate e grandinate che ci hanno obbligato a desistere a tentativi vari. I giorni rimasti li abbiamo dedicati allo studio dei ritrovati dei vari studiosi sulla Arca di Noè, e alle visite dei vari Santuari Ortodossi posti sul lago di VAN. Al nostro rientro dalla Turchia possiamo rivisitare Istanbul con le sue splendide Mosche e con il Gran Bazar veramente interessante.

Il viaggio è stato comunque interessante ma poiché la vetta non è stata raggiunta stiamo valutando di organizzare una prossima spedizione con gli amici del CAI.

Organizzazione di appoggio: Ceven Travel –  Necessario permesso per la salita al Monte Ararat (obbligatorio l’impiego di guide locali)

Roc Muntun in Val Sangonetto

Il Roc Muntun (o rocca del montone) e’ una bella parete di gneiss alta 100m immersa in un gradevolissimo ambiente alpino alle porte del parco Orsiera-Rocciavrè. Il vallone e’ quello del Sangonetto, che sale al Colle del vento, classica gita escursionistica e scialpinistica. L’accesso che abbiamo scelto e’ pero’ quello dalla val di Susa scavalcando la dorsale al passo dell’Orso.

sorprendente roccia compatta e rugosa, per niente sporca. complimenti ai primi salitori! Io aggiungerei qualche spit qua e la ma si perderebbe un po di “ingaggio”. vie di 4 tiri, con difficolta concentrate nella prima parte più verticale. 9 vie di recente chiodatura dal 5c al 6b+.

non e’ una falesia frequentata, anche per l’avvicinamento. qui gli arrampicatori sono ben pochi! alla vista delle corde, gli escursionisti ci chiedevano dove mai avessimo intenzione di andare a scalare!

Con Carla e gli entusiasti Felice S. e Armando M. e la immancabile Dianetta-bau.

In auto: villarfocchiardo, certosa monte benedetto, alpe fumavecchia 1440m, casotto fumavecchia 1660m (diversi km di strada stretta e sterrato, astenersi macchinoni o carrozzerie “delicate”).
a piedi: salire per comodo sentiero al passo dell’orso 1850, girare a ds (ovest) sentiero mezzacosta fino alla freschissima fontana nuna 1920m, bivio vs sinisra scendere leggermente sentiero mezzacosta fin alla base della parete che si mostra bene solo alla fine. La “Via per Silvano” e’ la piu a destra e attacca una lama-fessura salendo in obliquo verso sinistra. L1 5c chiodato extra-lungo, L2 5b, L3 5b, L4 4a. Discesa in doppia max 40m.

Roc Muntun via per Silvano
quota base arrampicata (m): 1900, sviluppo arrampicata (m): 130, dislivello avvicinamento (m): 300 difficoltà: 5c obbl esposizione : Sud-Ovest
località partenza: Villarfocchiardo (Nord, 1h20 cammino senza neve) o Indiritto di Coazze fraz. Tonda (Est, 2h a piedi)

Gran Cascata di Novalesa

Gran cascata di Novalesa sotto il Rocciamelone – dicembre 2010

Se c’è un luogo che piu di altri per i ghiacciatori Piemontesi rappresenta il ghiaccio effimero, questo e’ Novalesa. Piccolo centro a quota 850m in un pianoro sovrastato dalla imponente bastionata Rocciamelone-Roncia che supera i duemila metri di dislivello. Vicino al paese lunghi canali si alzano verso la montagna, solcati da rii che gelano bene solo dopo grandi freddi e si deteriorano al primo rialzo termico. Una delle piu evidenti e’ proprio la gran cascata che prende il nome dal paese. Un “must” e un rompicapo per il collezionista di cascate ghiacciate. Non si contano i tentativi andati a vuoto trovando solo una tenera granita su quello che visto dalla strada del Moncenisio era un attraente nastro bianco! E viene l’inverno 2010, dopo un autunno assai uggioso, a fine di novembre finalmente e’ arrivato il sole con temperature ancora buone per la roccia della Liguria. Poi, all’improvviso, un grande freddo a dicembre, con diversi giorni continui a -10 in bassa quota. La voglia di abbandonare la roccia calda e di rimettersi a spicozzare non e’ molta, specie per trovarsi in una affollata e ancora magra falesia di ghiaccio! Ma a pensarci bene, con questo freddo, potrebbe essere il caso di rischiare una visita all’anfiteatro di Novalesa. Uomo di poca fede, eccoti servito! Almeno 4 flussi salibili di cui 2 in grandi condizioni: La Ramificata e la Gran Cascata di Novalesa: 250 m di ghiaccio che piu si sale e piu abbonda e soddisfa. Solo che l’idea non l’abbiamo avuta solo noi, ed eccoci con 4 cordate davanti e altre dietro (perfino dei Milanesi!!). fa anche un caldo anomalo: zero gradi! Miracolosamente tutti riescono a salire senza tirarsi ghiaccio in testa e senza intrecciare troppo le corde. Insperatamente, sul largo muro finale restiamo per un po soli (Franco, Serafino ed io) a scattare foto ammirando dall’alto il panorama! Resta la soddisfazione per la perla colta ed il piacere di inaugurare la stagione con una piacevole arrampicata con amici. Un buon inizio per un inverno che promette bene!

Un luogo “storico” dell’arrampicata – St. Jeanne

Il Baou (pronuncia Baù) de St. Jeannet è una bella piramide calcarea, rinomata tra gli arrampicatori, visibile per lungo tratto dell’autostrada che congiunge Mentone a Cannes. Sul lato est la parete è più articolata e divisa da terrazze erbose; a ovest invece un bel salto di duecento metri consente lo
sviluppo di numerosi itinerari di discreto impegno e sviluppo. Recentemente è stata effettuata un’opera di riattrezzatura a fix, che ha ingenerato un po’ di confusione: alcune lunghezze sono state ridisegnate, altre hanno conservato la chiodatura originale. Ne deriva che non sempre è facile districarsi tra le linee che si sovrappongono e si intersecano.

L’ambiente è di primaria bellezza, pulito e ordinato; i centri di St. Jeannet e di Vence, frequentati tutto l’anno, offrono esempi calzanti di come il rispetto del territorio e delle regole possa creare, pur in ambienti discretamente antropizzati, una piacevole armonia di colori e proporzioni.

Ormai dovete andare lì…

Marmolada – Punta Penia

Io e Andrea partiamo lunedì mattina a far visita ad amici del Comelico…ma prima una puntatina sulla regina delle Dolomiti.
Scegliamo di salire sulla punta più alta del gruppo per la via normale, partenza dal Rifugio Pian dei Fiacconi. In poco meno di 2 ore raggiungiamo la punta attraversando il ghiacciaio ormai alla fine della sua vita, divertendoci su un canale attrezzato a ferrata e suguendo il “filo” della Schena de Mul
Su consiglio del gestore (rocciatore storico!) scendiamo sul versante opposto verso la Forcella della Marmolada..una lunga discesa ferrata che sfocia in un’altro rimasuglio di ghiaccio nero. E poi giù sino alla macchina al Passo Fedaia.
Una bella esperienza, con un buon amico, e un inevitabile ricordo ai nostri amici che tanto desideravano le dolomiti.

Diedro Nanchez – Caporal

Diedro Nanchez – Caporal

Una salita al Caporal non è mai banale. Perché il piccolo, grandioso gioiello di granito della valle dell’Orco è una scuola di arrampicata che richiede bravura si, ma… soprattutto nervi saldi e grande cuore.

Le difficoltà sono relative, di fronte ad esse ci si misura “dentro”, in una società dove solo “l’esterno” sembra contare.

“Diedro Nanchez” ED- (6 tiri, F6b max (F6a obl.), 160 m)

Continua il percorso granitico tra valle Orco e adiacenti… ma la montagna senza l’amicizia è niente, dedicata a Micky!

Les Courtes – La via degli Svizzeri

Dopo la stagione di ghiaccio, è finito da un po’, è ora finalmente per alpinismo?!

In funivia si arriva ai Grand Montet a 3300 metri di quota, poi si attraversa il ghiacciaio dell’Argentiere. Il posto in cui si arriva è uno di quelli più straordinari delle alpi, con vista sulle pareti nord di montagne come l’Aiguille Verte, Le Droites, le Courtes, il Triolet, ed ovviamente è frequentato da alpinisti in grado di salirle.

Abbiamo fatto una delle piu facile nella zona, la via degli Svizzeri alla nord delle Courtes. La via degli Svizzeri è diventata oggi una via classica, da percorrere quando la neve è sufficientemente attaccata alla parete, generalmente ad inizio primavera.

Sicuramente il più bell’itinerario della parete poiché è il più diretto. In salita come in discesa, l’assicurazione della cordata su terreno nevoso e glaciale è uno dei punti chiave di questa ascensione.

Ormai è ora…

Un Dru tutto Italiano

Il Becco di Valsoera è una bella cima di granito, nascosta tra le pieghe piemontesi del Gran Paradiso. Scoperto già da Giusto Gervasutti, fu tuttavia salito per la sua via più elegante solo nel 1960, da una cordata lombardo-piemontese. Fu una della più importanti imprese dell’epoca. Da allora tutti gli alpinisti sognano di salire questa classica delle classiche…

Becco di Valsoera, 3369 m
Via Perego-Mellano-Cavalieri, TD, 600 m (450 m sino all’anticima), VI+/A0

Buone vacanze!

Aiguille de Sialouze

La traversata di Sialouze è una bella cresta con tratti esposti ed aerei, un invito ad arrampicare su una vena di buona roccia, nel cuore di alcune tra le più belle montagne del massiccio delgi Ecrins, in particolare il Pelvoux el il Coup de Sabre.
Una salita rocciosa è costituisce un buon avvicinamento a questa zona con passagi di scalata generalmente ben protetti (fine V grado), affrontata con gli scarponi, e una discesa in doppia attrezzata (catena e maion nuove di zecca tutte sulla destra orografica del canale finale).

Bella giornata in ottima compagnia e abbiamo fatto in giornata da Torino (è un incubo…)

Ormai è ora…

Scuola di Alpinismo e Arrampicata Alberto Grosso