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X-ICE – La falesia dei mutanti

L’X Ice Park di Ceresole ha riscosso un successo incredibile. Segno che il movimento dell’arrampicata su ghiaccio è particolarmente vivo e attivo… e segno anche che gli ideatori e realizzatori di questo sito hanno avuto una bella intuizione!
Il posto merita veramente il giro! L’ingresso all’Ice Park è libero ed è possibile arrampicare da primi di cordata oppure attrezzare da sopra i tiri per la moulinette.
La falesia è situata in località Prascalaio, frazione di Ceresole Reale. Seguire la strada statale 460 in direzione Ceresole Reale fino alla fine della lunga galleria che precede il paese, dopo 100m parcheggiare sulla sinistra. Attraversare il ponte di legno situato sulla sinistra della strada e proseguire per cinque minuti sino alla base delle cascate. La falesia sorge su terreni privati, quindi si chiede il massimo rispetto e la massima pulizia.

Evviva i mutanti!

Kandersteg – I più bei “ghiaccioli” d’Europa

E così sui due piedi, con l’ultimo numero di Vertical in mano, siamo andati a vedere com’è Kandersteg. La risposta è: fantastico! Il viaggio con l’auto sul treno ci diverte, dà l’idea di addentrarsi in un posto “diverso”, all’arrivo è buio ma ci sembra di intuire qualcosa…o forse è solo che non vediamo l’ora.

In puro stile borghese stiamo all’Hotel hermitage che, oltre a essere un posto dove si sta molto bene, ci permette di andare a scalare senza più usare la macchina. Il giorno dopo corriamo a comprare la guida, poi partiamo alla scoperta del settore più vicino e famoso: l’Oeschinenwald. L’alpine spirit qui non serve: l’avvicinamento è di 15 minuti dalla stanza per 20 metri di dislivello.

Siamo molto fortunati: in quello che è il settore più affollato troviamo 3 cordate prima di noi. Periodo azzeccato, a quanto pare, perchè già oggi – al momento della nostra partenza – la gente stava decisamente aumentando (nel we c’è anche l’Ice Festival).

Il livello generale è medio alto: per divertirsi secondo me è meglio avere qualcuno che tiri il V, poi qualche intermezzo più facile chiaramente si trova. Le candele predominano: mai viste tante tutte insieme, più “facili” o quasi impossibili.

Il riscaldamento, nella cultura svedese, non è contemplato: scaliamo Rottenpissoir/Groll subito, è quella più libera. In realtà facciamo in tempo a calarci e scalare anche la prima parte di Arborium, la classica, prima che diventi buio.

Il giorno dopo: Rubezahl, una delle classiche della zona, avvicinamento di ben 45 minuti. Cascata bellissima, verticale, impressionante a vedersi, da sotto. Il sencondo tiro è un diedro di ghiaccio, scalabile e divertentissimo, con uscita in camino. L’uscita facile si rivelerà essere un tiro verticale per una ventina di metri, con ghiaccio liscio e duro e con un paio di passi strapiombanti alla fine, ma che figata!

I terzo giorno partiamo (alle 10, come sempre) con intenzioni bellicose, ma fatti quattro passi capiamo che forse siamo un po’ stanchini dal giorno prima. Così ci rassegniamo a lasciare qualcosa per la prossima volta, scaliamo un paio di tiri più facili e facciamo un po’ gli spettatori. Ma ben presto decidiamo di averne abbastanza e ci buttiamo nella nuova frontiera dell’estremo. Basta cascate! Abbiamo scoperto che ci sono motivi più validi per venire a Kandersteg.

Il nuovo sport è molto più rischioso, si svolge a velocità elevatissime, richiede autocontrollo e perfetta padronanza tecnica, tutto si decide in un attimo, insomma ci vuole gran level…..le slitte . Peccato aver perso tutto quel tempo, prima, a ravanare al freddo.

Le prime spicozzate di Wolverine

Wolverine è uno dei cosiddetti ghiacciatori dell’ovest, fornito dal gene X (la prerogativa del DNA che fa nascere una persona nell’universo già dotata di superpoteri) di poteri rigenerativi, sia fisici che mentali, di sensi e istinti animali acutissimi, di agilità felina, di tre artigli ossei che può estrarre a comando dal dorso di ogni mano e che, come tutto il suo scheletro, sono stati ricoperti di adamantio che li rende e lo rendono virtualmente indistruttibile.
Lui è andato a dare le prime spicozzate della stagione, c’e’ ancora poco ghiaccio in giro, ma qualcosa e’ sempre formato. Intanto la stagione è incominciata… e scalare su ghiaccio è sempre più divertente!

I Fantastici Quattro – Finale Ligure

A parte occasionali cambiamenti di formazione, la squadra è composta da quattro amici che hanno guadagnato i loro superpoteri dopo essere stati esposti a una eccessiva quantità di raggi cosmici… Mister Fantastic (alias Christian), la Donna Invisibile (alias Daria), la Torcia Umana (alias Alexei) e la Cosa (alias Sergio) sono andati a Finale Ligure, una delle più conosciute zone di arrampicata del nord-ovest d’Italia (dove sarà l’ultima uscita del corso).

Splendide pareti di calcare fossilifero rosa si affacciano a pochi chilometri dal mare; il clima e’ favorevole per gran parte dell’anno e il paesaggio circostante è di grande effetto. Vegetazione, sole, mare e paesaggistica meriterebbero da sole una visita. Tanti siti di arrampicata, alcuni assolutamente imperdibili per la bellezza delle pareti e dall’arrampicata, altri davvero persi nell’oblio e nella macchia mediterranea fittissima che li rende irraggiungibili.

Vi aspettiamo tutti, mi raccomando, per l’ultima uscita!

Guerre Stellari – Jedi Master

Nell’universo di Guerre Stellari, Hoth è il sesto pianeta di un sistema solare che porta lo stesso nome. E’ un pianeta coperto di neve e ghiaccio, con diversi satelliti naturali orbitanti, e vicino a una cintura di asteroidi. Sul pianeta esistevano diverse creature native del luogo, come esempio il chrtur. Hoth, anche se a vista d’occhio compariva come pianeta interamente ghiacciato, possedeva delle caverne o cavità che ospitavano campi di licheni, di cui le gente si cibavano…

Allora, una nuova cordata galattica (dal Hoth) in circolazione partivano per la nuova via di Jedi Master… in poche parole: Che la forza sia con te!

Jedi Master – (200 m, 6c+/7a max, 6b+ obbl.), aperta da poco più di un mese e destinata a diventare una classica. Si articola in sette lunghezze molto varie: fessure, muri, placche… c’è un po’ di tutto.

Materiale: 2 corde da 60 m, 10 rinvii, 1 serie di friends dal #.4 al #4 Camalot (doppio il #1 e #3).

Ancesieu – Panorama su Forzo

Ancesieu….. dove si inizia a fare sul serio!
E’ una parete spettacolare, dove M. Motto ha aperto i suoi capolavori sul granito piemontese della Valle Orco… o meglio dell’ adiacente Valle di Forzo.

Già per raggiungere la base delle vie è tutto un programma,
si lascia la macchina al ponte, si torna indietro di 200 metri, e si imbocca un sentiero in corrispondenza di un masso con scritta “palestra”…. manco si andasse al Bside… poi ci si inerpica nel bosco, tenendo sempre la destra, e poi finalmente si giunge al c.. di combetto. Il combetto, un letto di torrentello prosciugato, o con poca acqua, (ogni tanto ne avrà anche tanta ma è meglio non trovarsi nei paraggi), costituito da blocchi e placche di granito e simpatiche balzelle di erba.
Una volta che capisci un po’ dove e come passare la situazione migliora, ma la prima volta rimani un po’ disorientato, e inizi a dire un po’ di volte “ma chi me lo fa fare”.
La prima volta che siamo andati, 2 settimane fa, in un primo tentativo alla classica Panorama su Forzo, abbiamo incontrato un’umidità al 100%, visibilità a 5 metri e tutte le rocce bagnate… all’andata, al ritorno dopo che si era messo a piovere, (motivo per cui quel Sabato si è trattato solo di un tentativo), tutto era completamente fradicio, e possiamo solo ringraziare che in 2 tratti ci fossero delle corde fisse, se no saremmo stati ancora lì adesso a finire le doppie!

Questa Domenica tutto era asciutto e l’avvicinamento è stato persino piacevole… si riusciva persino a vedere la parete!!
Il tutto in poco piu di mezzora.

La via Panorama su Forzo (ED+, 10 tiri, 6Cmax, 6B+ obbl.) è la più facile della parete, delle 10 o 11 aperte da Motto è di solito la prima che si va a fare, tanto per capire se è meglio lasciar perdere o se si può osare!
Io personalmente la temevo un po’, ma sbalgiavo, la via è abbastanza impegnativa ma i gradi sono giustissimi, allineati al resto della valle, e gli spit ci sono, dove non è possibile proteggersi con nut e friend, o dove diciamo.. il proteggersi sarebbe molto difficile!
I tiri più duri a mio parere sono il 2°,3°,5° e 9°, a livello di impegno complessivo. Come passi singoli anche il 1° e il 6° non sono da meno, ma sono meno ingaggiati.

Come materiale avevamo una mazzetta di nut e una serie di friend da 0.3 a 3 Camelot, + un paio di Alien piccoli utili per il terzo tiro, e un paio di misure doppie intermedie, non utilizzate.
Visto il cambio d’ora, visto che ce la siamo presa con calma per goderci una via che volevamo fare da tanto tempo, ci siamo ritrovati nel combetto con le frontali, e di nuovo abbiamo ringraziato le sante corde fisse!

Ne rimangono altre 10 da fare, per adesso off limits, per lo meno per me, ma chi lo sa… in un futuro. Sicuramente posto e roccia sono spettacolari, e la filosofia di chiodatura è quella che preferisco.

Tra classiche e moderne allo Scoglio di Mroz

Continua il percorso granitico tra valle Orco e adiacenti…
Sabato siamo andati allo Scoglio di Mroz, all’inizio del Vallone di Piantonetto, un posto molto bello e tranquillo dove ci sono tutte vie da non perdere.
L’obbiettivo principale era “L’importante è Esagerare” ED (5 tiri 6C max, 6B+ obb.), via aperta da Oviglia dal basso con parsimonioso uso degli spit, il che la rende una via moderna in cui ogni tanto è necessario integrare con protezioni veloci.
Nell’insieme ci è piaciuta molto, e personalmente mi è sembrata un tantino più facile e meno severa di quello che mi aspettavo. I tiri più impegnativi sono il primo e il secondo, molto diversi tra loro, ma entrambi interessanti e molto particolari nel loro genere. Soprattutto la placca del secondo tiro, ti fa scalare su cubetti di quarzo raramente visti altrove, che sembrano messi lì apposta.

Al termine della via, avendo ancora un po’ di tempo ed energia a disposizione, abbiamo scalato la classica Via Grassi, sulla carta molto più semplice della precedente (3 tiri, TD 6a max). In realtà ci ha impegnati a fondo, ribadendo una volta di più come i gradi anni 70, su terreno classico, non abbiano nulla a che fare con i gradi moderni. E’ una via in fessura tutta da proteggere; si trovano solo un paio di chiodi e un paio di cunei… che il buon senso impedisce di moschettonare! Ampio uso quindi di nut e friend…

N.B. La sola serie genericamente consigliata su RP finisce in fretta!!!

a,

Affilate le picche…

Affilate le picche…

…arriva il freddo vero tra poco!

La leggenda era questa, una cordata forte in circolazione partivano per la cascata magica ma non tornavano.

Sarebbero riapparsi solo al disgelo, con una tuta montura diventata bianca, barba lunga e occhiali a specchio spuntati da non si sa dove, si sarebbero nutriti di selvaggina per tutto l’inverno, avrebbo abbandonato le picche per salire cascate incredibili a mani nude.

Terminato il loro viaggio iniziatico, culminato in serate mistiche al chiaro di luna nelle selvagge valli melliche, sarebbero tornati, fortissimi ed illuminati.

E Sergio, sarebbe diventato, come Gandalf di ritorno da moria, SERGIO IL BIANCO!

Vi aspettiamo numerosi, mi raccomando, per il corso – Cascate di Ghiaccio!

Torre di Aimonin – Placche d’autore

Alla Torre di Aimonin, in Valle Orco, ci sono alcune vie molto famose, come il Pesce d’Aprile, Lo Spigolo, il Diedro, adatte ad un primo approccio con l’arrampicata Trad e per questo molto ripetute.
Ve ne sono però molte altre che solcano le placche grigio chiaro della Torre, molto selettive e per questo non molto conosciute, chiodate dal basso dal grande Manlio Motto nei primi anni ’90.
Alcune di queste, a detta degli esperti, sono dei capolavori, dove l’uso degli spit non toglie ingaggio e impegno, dove anzi la componente psicologica data dalla distanza delle protezioni e dall’obbligatorietà dei passaggi è caratteristica integrante degli itinerari.

Sono sempre stato molto attirato dall’arrampicata in placca, credo sia la più bella, difficile ed elegante, e ho sempre ambito a fare qualche via alla Torre di Aimonin.

Siamo partiti da 2 vie abbastanza abbordabili:

– Papaveri e Papere ED+ (7A max, 6C+ obb.)
6B+ 6C+ 6A 6B+ 7A

– Sublime ED (6C+ max, 6B+ obb.)
6C+ 6B 6B+

Che dire, bellissime!
Papaveri è decisamente più difficile, tutti i tiri sono molto impegnativi. Il primo ha un passaggio fisico, il secondo è duro e psicologico, in un paio di moschettonaggi si tira su la corda con il dubbio che il poco attrito sia sufficiente a farti partire i piedi, il terzo è un 6A interessante !!!, il quarto prima difficile in placca e poi di continuità, il quinto veramente duro richiede massima concentrazione dal primo all’ultimo spit.

Sublime merita alla grande per i primi due tiri, il terzo è bruttino.

La chiodatura è sì psicologica ma quasi mai pericolosa, ben diversa da quella trovata quest’estate su Titanic in Val Ferret (sempre Motto), dove più volte ho avuto la sensazione di fare un gioco stupido!

Per le vie sono sufficienti 10 rinvii, e un paio di friend medi non obbligatori.

El Capitan – The Nose 5.9 C2

Dall’altra parte dell’Oceano, in California, una nuova generazione di alpinisti si affaccia nella Yosemite Valley alla metà degli anni cinquanta. A mettersi in luce sono due personaggi destinati a diventare famosi: Royal Robbins e Warren Harding. Robbins, che è considerato uno dei migliori alpinisti del mondo, è sempre stato un difensore del purismo. Harding, personalità vulcanica, anarchico insofferente di ogni limitazione, invece ha fatto ampio uso di mezzi artificiali e di chiodi ad espansione. Robbins riesce a salire nel 1957 la verticale parete nord-ovest dell’Half Dome. Per la prima volta, uno dei veri e propri big walls di Yosemite è stato superato.

La rivincita di Harding arriva qualche settimana più tardi. Nei primi giorni di luglio, accompagnato da Bill Feuerer e Mike Powell, Harding attacca con decisione la parete più impressionante della Valle, quella che nessun altro alpinista ha mai osato tentare. E’ The Nose, “Il Naso”, lo sperone meridionale di El Capitan, che offre una linea evidentissima e impressionante al centro di una parete sconfinata – più di mille metri di altezza – e particolarmente levigata. “Salirò quella maledetta via” esclama Warren Harding prima di mettere le mani sulla roccia. La salita viene terminata nel novembre del 1958 (la salita era stata compiuta in vari tentativi, lasciando le corde fisse in parete per le risalite) dopo diciassette giorni di arrampicata effettiva e con ben 125 chiodi a pressione.

La via più celebre della Yosemite valle e dell’intera America è stata appena completata e per noi un bell viaggio 50 anni dopo…